Normative a confronto: Italia vs. USA
Davide contro Golia, esordisce così, tramite il proprio profilo Twitter, Giancarlo Giudici (@GiancGiudici) professore associato di finanza aziendale del Politecnico di Milano, responsabile dell’osservatorio italiano sull’equity crowdfunding, per mettere a confronto il contesto italiano con quello statunitense sul tema in esame.
È nel 2005 che EquityNet, primo portale statunitense ad accogliere campagne di equity crowdfunding, diventa operativo. Negli anni a seguire il numero di piattaforme aumenta considerevolmente, tanto da portare, dopo 7 anni, la presidenza Obama a studiare una legge, che regolamenti questo sistema di finanziamento alternativo, la quale entrerà in vigore gradualmente a partire dall’anno seguente.
Nello stesso periodo, il governo italiano introduce il concetto di Start-up Innovativa e di equity crowdfunding con il Decreto Crescita 2.0, delegando a Consob, organo di vigilanza dei mercati regolamentati, di redigere il regolamento definitivo divenuto operativo nel Luglio del 2013.
Una delle differenze fondamentali tra i due paesi è il bacino d’utenza a cui l’equity crowdfunding è rivolto:
Chi vuole finanziare. In Italia ogni tipo d’investitore, dal risparmiatore all’investitore professionale, può raccogliere capitale a fronte di equity; fino al 19 Giugno 2015, negli USA tale possibilità era rivolta ai soli investitori accreditati. Anche se da solo poco tempo, sotto tale aspetto le normative coincidono rivolgendosi all’intera popolazione.
Non si può dire lo stesso per chi cerca finanziamenti.Mentre il contesto nazionale è rivolto alle sole start-up e PMI innovative (introdotte solo qualche mese fa), oltreoceano l’equity crowdfunding è alla portata di ogni tipologia d’impresa.
Anche se possiamo dire che l’attuazione normativa è avvenuta in entrambi i paesi nello stesso periodo, solo negli USA lo strumento a impattato maggiormente sull’economia del paese, nonostante il governo italiano abbia adottato un sistema di benefici fiscali allettante.
L’impatto ridotto sul contesto nazionale è forse dovuto alla dupice e contraddittoria volontà di coinvolgere ogni tipologia d’investitori da una parte, ma di ridurre il bacino di fruibilità dall’altra. Consob ha predisposto di disciplinare il comportamento dei portali in modo da tutelare ampiamente gli investitori non professionali, aspetto che negli USA è stato preso in considerazione tenendo però conto delle necessità delle piattaforme di sviluppare il mercato.
Non spetta noi valutare se la regolamentazione italiana sia adeguata o meno al contesto cui si riferisce, ma con questo post vogliamo suggerire che alcuni accorgimenti possono essere presi in considerazione, soprattutto ora che il mercato italiano è in attesa dell’aggiornamento regolamento, per definire le modalità di ricezione delle novità introdotte con l’Investment Compact.
In conclusione, dai dati elaborati dall’osservatorio emerge chiaramente un divario tra i due paesi, tanto da essere giustamente paragonati ai protagonisti della novella biblica ambientata nella guerra tra i Filistei e il popolo di Israele: il giovane Davide e il gigante Golia.
Voi cosa ne pensate? Vi trovate d’accordo con il professor Giudici o credete che la maggior tutela promossa dalla normativa possa invece rivelarsi come la fionda usata da Davide per abbattere Golia?